Sussidiarietà

di Tommaso Edoardo Frosini

subsidium afferre] le assemblee del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle».

Centesimus Annus).

Si è detto prima del duplice significato della sussidiarietà: inteso nel primo senso, quello «verticale», la sussidiarietà viene riferita al rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali sul piano del diritto internazionale, ovvero al rapporto fra lo Stato e gli enti a esso sottoposti ma forniti di autonomia come le regioni, le province, i comuni, sul piano del diritto interno. Nella accezione verticale, il principio di sussidiarietà si inscrive nella dimensione federale propria dello Stato, aggiungendo un elemento importante, costituito dalla necessità di giustificare l’esercizio, da parte del livello di governo superiore, delle competenze attribuite per costituzione sulla base di accertate inadeguatezze del livello inferiore. Inteso nel secondo senso, quello «orizzontale», la sussidiarietà viene riferita al rapporto fra lo Stato e i cittadini, sia come singoli sia nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’uomo, con l’esplicito intento di lasciare più spazio possibile all’autonomia privata riducendo così all’essenziale l’intervento pubblico. Si viene così a sviluppare un’idea di Stato, che implica la necessità dell’intervento promozionale o ordinatore e coordinatore dello Stato stesso a favore dell’incremento e dell’incentivazione di una cultura della responsabilità del privato. Pertanto, lo Stato diventa il modo con il quale le persone e le forze sociali organizzano la propria vita ai fini di una convivenza che sia tale da aiutare e potenziare la loro libera attività e non un mero «guardiano» neutrale e indifferente degli equilibri del libero mercato.

sussidiarietà e democrazia: si tratta di un legame determinato dalla propensione del principio di sussidiarietà a radicare la prossimità dei governanti e delle loro decisioni ai governati. La sussidiarietà, poi, favorisce l’articolazione democratica dello Stato e dei livelli di organizzazione del potere, sia perché amplia la base della rappresentanza, sia perché determina alcune condizioni di efficienza delle decisioni e di partecipazione dei cittadini alle decisioni stesse. Inoltre, con la sussidiarietà si vengono a introdurre una serie di pesi e contrappesi nell’ambito dell’organizzazione del potere per il tramite dell’articolazione verticale delle competenze e il favore per il livello minore e più vicino al cittadino. Con riferimento alla sussidiarietà orizzontale, in particolare, c’è da dire, che l’attivarsi dei cittadini, in luogo delle istituzioni pubbliche, verrebbe a configurare una nuova forma di partecipazione democratica, non riconducibile né alle categorie tradizionali della partecipazione politica né a quelle della partecipazione al procedimento amministrativo. Si può pertanto ritenere, che i cittadini i quali danno attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale concorrono alla realizzazione delle forme di esercizio della sovranità popolare ai fini della realizzazione di una maggiore democrazia. b) Sussidiarietà e solidarietà: il senso attribuito al principio di sussidiarietà (specialmente orizzontale) è quello di una funzione di tutela degli interessi (sociali, economici, morali) degli individui e degli enti privati, che si attua mediante un procedimento di astensione dell’intervento statale, al fine di consentire una piena libertà di iniziativa e di sviluppo delle forze individuali e sociali dotate di autonomia. Questa funzione, alla quale viene attribuito a torto un carattere negativo, giacché essa corrisponde a una precisa politica di vigilanza, e non di indifferenza, è quella che è stata già sostenuta, accanto alla concezione di tipo laico e liberale, dalla dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, prima ricordata. Laddove il principio di sussidiarietà viene presentato come «maniera suppletiva», nella stessa accezione che è stata accolta nelle formulazioni della più recente dottrina giuridica italiana. Il richiamo al magistero ecclesiale vuole sottolineare il fatto, che nella dottrina della Chiesa non ha valore primario e assoluto, come comunemente si ritiene, il principio della solidarietà, che è non già opposto, bensì invece integrativo rispetto a quello della sussidiarietà. Pertanto, se la solidarietà costituisce il principio attivo che vale a finalizzare la libertà in direzione dell’eguaglianza, la sussidiarietà rappresenta il criterio organizzatorio di tale finalizzazione, in quanto garantisce un’equilibrata distribuzione dei compiti di solidarietà tra l’individuo, le comunità intermedia e lo Stato. Pertanto, la solidarietà senza sussidiarietà può degenerare in assistenzialismo mentre invece la sussidiarietà senza solidarietà rischia di alimentare forme di localismo egoistico. c) Sussidiarietà e pluralismo: la connessione fra i due principi è data dalla valorizzazione delle entità cd. minori sul tessuto pluralistico della società, sia sugli enti territoriali (sussidiarietà verticale) che sui soggetti del pluralismo sociale (sussidiarietà orizzontale), quali la famiglia, le confessioni religiose, le imprese private, e l’associazionismo in generale. Sono, quindi, le entità minori che costituiscono le forme del pluralismo sociale, e trovano proprio nel principio di sussidiarietà (declinato nelle due forme in cui si espande: verticale e orizzontale) un canale di affermazione e di sviluppo, perché viene a essere privilegiato l’intervento rispetto a livelli più elevati di potere. Il principio di sussidiarietà assume pertanto il ruolo di principio di organizzazione del pluralismo sociale, e ad esso risulta quindi essere strettamente connesso. d) Sussidiarietà e legalità: il rapporto si viene a determinare nell’ambito di una garanzia di legalità dell’ente sovraordinato rispetto all’autorità inferiori, e quindi in tal senso la sussidiarietà verrebbe ad assumere la funzione di rule of law. In particolare, è nell’elaborazione comunitaria del principio di sussidiarietà che si esplicita il suo intrinseco rapporto con la legalità, intesa nei termini di cui sopra. La sussidiarietà costituisce garanzia di legalità dell’azione comunitaria, volta a rassicurare gli Stati membri che la loro identità e la loro responsabilità politica sarà rispettata a livello comunitaria. La legalità dell’azione comunitaria, pertanto, si viene a manifestare nell’individuazione degli strumenti giuridici ai quali la Comunità può far ricorso, e nella procedura che le sue istituzioni e i suoi organi devono seguire nell’esercizio di tali poteri. Ci si potrebbe, infine, interrogare sulla seguente questione teorica: e cioè che nell’ambito dei rapporti fra sussidiarietà e legalità vengono a esaltarsi le due forme distintive della sussidiarietà stessa, ovvero quella verticale e quella orizzontale. Nel caso in cui, infatti, la sussidiarietà abbia natura verticale, essa altro non è che un criterio di distribuzione delle competenze normative e, quindi, potrebbe essere complementare alla legalità. Qualora, invece, abbia natura orizzontale, essa indica il confine entro il quale la legge si può spingere, opponendosi così allo stesso principio di legalità e sottraendo alla disciplina normativa certe aree per assegnarle alle libertà delle formazioni sociali o a quelle dei singoli. e) Sussidiarietà e promozionalità: qui occorre tenere presente l’importanza che assume la funzione della promozionalità svolta dal principio di sussidiarietà, in quanto esso deve altresì attuare la «rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» [art. 3 Cost.]. Ma tale sviluppo si verifica «sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» [art. 2 Cost.]. Non è infatti concepibile, che in situazioni di emergenza, di deficienza organizzativa della vita civile, di esigenza sociale, il principio di sussidiarietà si risolva in forme di astensione o addirittura di retrocessione dell’intervento statale. Infatti, essendo il principio di sussidiarietà un principio di etica pubblica, cioè di protezione della iniziativa privata nelle sue varie esplicazioni (sociale, economica, religiosa), esso non può esimersi dalla partecipazione diretta alla rimozione degli ostacoli frapposti alla libertà di iniziativa. Inteso anche in questo senso di partecipazione attiva, il principio di sussidiarietà acquista la sua pienezza di significato, giacché l’una delle sue due funzioni non è esclusiva dell’altra, o peggio contrastante: le due funzioni sono collegate fra loro in un rapporto dialettico, in quanto ciascuna delle due comporta la presenza dell’altra: protezione e promozione della libera attività del cittadino da parte dello Stato. La promozione rappresenta infatti il momento dinamico della protezione statica delle autonomie individuali, giacché essa è diretta alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera iniziativa e ne consente lo sviluppo, che sarebbe altrimenti coartato e perciò ineffettuale.

c) art. 120, comma 1, Cost. (cd. potere sostitutivo del Governo): «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni […] prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione».

Dalle disposizioni riportate si deduce che la sussidiarietà: è un «principio», che riguarda, innanzi tutto se non esclusivamente, le funzioni amministrative e/o le attività d’interesse generale, ed è soltanto richiamata, ma non definita. C’è da dire però, che una caratteristica del processo di acquisizione del principio di sussidiarietà nell’ordinamento italiano consiste nella indissociabilità della dimensione verticale con quella orizzontale. Il principio di sussidiarietà costituzionalizzato all’art. 118, comma 1 e 4, Cost., è stato oggetto di parametro di costituzionalità in alcune decisioni della Corte costituzionale, che ne hanno offerto una nuova interpretazione. Ma non sono mancate anche alcune significative pronunce della giurisprudenza amministrativa, specialmente del Consiglio di Stato. Innanzitutto, va ribadito un concetto espresso all’inizio: e cioè che il principio di sussidiarietà è da ritenersi un principio procedurale e non sostanziale, e questo peraltro sembra trovare indiretta conferma anche nell’art. 120 Cost. («[…] La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione»). Che la sussidiarietà sia un principio procedurale emerge chiaramente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003, che rappresenta una «pietra miliare» nell’interpretazione costituzionale della sussidiarietà, e dalla quale pertanto non si può prescindere. La Corte costituzionale è giunta a riconoscere una vocazione dinamica della sussidiarietà – «che consenta ad essa di operare non più come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribuzioni stabilite e predeterminate» – e quindi come fattore di flessibilità in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie, anche, e forse soprattutto, per colmare il vuoto costituzionale dovuto alla cancellazione dello «interesse nazionale» (che era presente nel «vecchio» art. 117 Cost.), a seguito della riforma del Titolo Quinto. Ecco perché la Corte è dovuta ricorrere a una interpretazione dinamica della sussidiarietà, da intendersi in senso «ascensionale» (in grado cioè di salire a livello statale o scendere a livello regionale, a seconda delle esigenze unitarie), quale meccanismo valido per giustificare attrazioni di competenza legislativa da parte dello Stato. Quindi, la cd. «chiamata in sussidiarietà» – secondo la teorizzazione giurisprudenziale – si caratterizza per il passaggio dalla previsione dello «specifico titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento» dello Stato, al carattere unitario della funzione amministrativa, con conseguente espansione delle competenze funzionali e/o trasversali dello Stato.

Bibliografia

Il principio di sussidiarietà verticale. Attuazioni e prospettive, Giuffrè, Milano 2002.